Un genovese a Roma – Dal rap delle periferie al Sacro Romano GRA
Un genovese a Roma, dal rap delle periferie al Sacro Romano GRA. Da mercoledì 11 a domenica 15 maggio al Teatro del Campus di Cinecittà Studios.
Presentata in forma di studio a Venezia su invito del Mibact, per la serata di chiusura della Biennale di Architettura 2014, l’azione teatrale Sacro Romano GRA. Narrazione urbana per voce e suoni sul Grande Raccordo Anulare di Roma è pronta per il debutto a Roma. In scena da mercoledì 11 maggio al Teatro di posa di Cinecittà Campus, proprio nel cuore di uno dei tanti quartieri toccati dal racconto. Uno spettacolo nato dall’incontro di Aldo Vinci, interprete e regista, con Nicolò Bassetti e Sapo Matteucci – gli autori del libro da cui è tratto lo straordinario documentario di Gianfranco Rosi Leone d’oro a Venezia70 – e si avvale della preziosa collaborazione di Stefano Grosso, lo stesso sound designer del film.
Travel biografy, DJ Set, musica degli spazi, ritmo delle visioni, cadenza delle parole, coreografia delle contrapposizioni umane e architettoniche, Sacro Romano GRA è un viaggio sensoriale di luci e suoni attraverso le emozioni di un percorso urbano contemporaneo. Al centro di tutto, una consolle ed un attore, che da solo governa sound e racconto.
“La cosa che mi ha colpito di più alla lettura del libro” – racconta Aldo Vinci – “è stata lo stile, immediatamente narrativo, che per deformazione professionale, mi sentivo spinto a ‘mettere in voce’. E laddove c’è qualcuno che racconta e qualcun altro che ascolta, è senza dubbio teatro. La prima volta che, con gli autori, abbiamo parlato della possibilità di una versione live del Progetto Sacro GRA ci siamo immediatamente trovati in accordo su un punto: cosa non sarebbe stato. Non un reading letterario. Non teatro di narrazione. Non la trasposizione drammaturgica del libro né tanto meno del film. I suoni sono diventati la chiave di volta. Sono parte integrante della narrazione, sono affabulazione anarchica, non imprigionata nella sintassi, nei vocaboli. Suoni reali e suoni evocati dalle memorie individuali. La luce dei luoghi, la luce rifrangente, la luce volgare. I suoni e la luce non si
possono recitare. ” In scena, si esplora la “circolarità” del viaggio, da Shakespeare ai neomelodici, in sette tappe: Prologo dall’Enrico V di Shakespeare – Salotto popolare effervescente naturale – Avamposti del passato – Arte del rammendo – Archètipi tiranni – Manutenzione dell’abbandono – Chiusura. Il risultato è una navigazione universale tra le maree della trasformazione urbana, nell’altrove quotidiano che circonda la Capitale.
Per gli antichi erano sacri i grandi fiumi, le montagne, tutto ciò che l’uomo non riusciva a comprendere e a governare. Questa sacralità fatta di mistero, stupore e straniamenti è la stessa del Raccordo. Un mondo straordinariamente reale, molto vicino e molto lontano da Roma.