Arte e Cultura

Il successo di Andrea Giostra al FUIS Sicilia

Andrea Giostra con Curtigghia di Sicilia e siciliani, SBS Edizioni, al prestigioso premio FUIS Sicilia cattura l’essenza della Sicilia e si distingue nel panorama letterario.

Nel vivace scenario letterario italiano, Andrea Giostra emerge con il suo “Curtigghia di Sicilia e Siciliani – Novelle brevi di Sicilia“, pubblicato da SBS Edizioni. Riconosciuto con un prestigioso terzo posto ex aequo nel “Concorso Letterario FUIS Sicilia“, Giostra si distingue per la sua capacità di raccontare la Sicilia con autenticità e profondità.

Il riconoscimento è stato conferito in occasione dell’evento “GUERRA NO, PACE SÌ”, organizzato dalla Federazione Unitaria Italiana Scrittori e tenutosi nella sala dei carretti siciliani al Museo Pitrè. Questa cerimonia, presieduta da Sara Favarò e con la partecipazione di figure di spicco come il Presidente Nazionale della FUIS, dottor Natale Antonio Rossi, ha celebrato non solo la letteratura ma anche temi universali come la pace e l’umanità.

Intervista ad Andrea Giostra:

Andrea, riflettendo sui temi dell’evento ‘GUERRA NO, PACE SÌ’, come pensi che il tuo libro contribuisca al dialogo su pace e identità siciliana?

Le “Novelle brevi di Sicilia” non hanno ambizioni così grandi e importanti, anche se chiaramente io sono contro la Guerra e a favore della Pace.

Ma è corretto che dica che non c’è nulla in quello che scrivo che dia delle indicazioni sulla pace nel mondo, né di pedagogico, o che abbia delle finalità di educazione civica o comportamentale, né tantomeno di insegnamenti etici o morali. Queste cose le lascio ai grandi scrittori del passato o ai contemporanei che si presentano e si ritengono tali. Io racconto delle semplici storie di vita quotidiana, quindi, come ho scritto nell’incipit delle Novelle: «… sono delle storie e rappresentano quello che dicono, quello che leggerete. Rappresentano la mia esperienza diretta, vissuta in prima persona … Il senso, la morale, se c’è un senso o una morale da dare, li darà il lettore che le leggerà».

Per quel che invece riguarda la “sicilianità”, ovvero, l’“identità siciliana”, allora qualcosa c’è. Nel senso che certamente io sono siciliano, sono palermitano, sono di Montelepre, e scrivo utilizzando la struttura della lingua siciliana, che non è un dialetto, beninteso, ma una vera e propria lingua che nei millenni, a partire dai Fenici, se vogliamo, è stata arricchita da decine di contaminazioni linguistiche di chi l’ha conquistata e dominata nei secoli: i Fenici, gli Elimi, i Cartaginesi, i Greci, i Romani, i Barbari, gli Ostrogoti, i Bizantini, gli Arabi, i Normanni, gli Svevi, gli Angioini, gli Aragonesi, gli Spagnoli, i Savoia, i Borboni, per finire con l’Unità d’Italia del 1860 ai nostri giorni. Da questo punto di vista, restringendo il campo della tua domanda, c’è molto di siciliano nelle Novelle brevi di Sicilia e in tutto quello che scrivo di narrativa (novelle, racconti, romanzi).

Cosa significa per te questo riconoscimento e come intendi far risuonare le tematiche del tuo libro nel panorama letterario contemporaneo?

Mi ha fatto molto piacere ricevere questo riconoscimento ambito da moltissimi scrittori e poeti italiani, e per questo devo pubblicamente ringraziare la SBS edizioni e l’editore Sheyla Bobba per aver candidato le “Novelle brevi di Sicilia” al PREMIO FUIS NARRATIVA 2023 della Federazione Unitaria Italiana Scrittori. Ricevere premi e riconoscimenti per me è sempre un grande onore, e ogni volta ne rimango piacevolmente sorpreso. Ma rimango sempre molto distaccato e con i piedi ben saldi per terra!

Non è uno dei miei obiettivi quello di ricevere premi e riconoscimenti artistici o letterari; infatti, non partecipo ai concorsi letterari o a cose di questo tipo, tranne che, come in questo caso, non sia l’editore a candidare il libro che ho scritto; ovvero, perché mi è stato attribuito senza che partecipassi, o, in pochi casi, perché l’invito degli organizzatori a presentare domanda di partecipazione è venuto da amici ed è stato molto insistente e non ho potuto dire di no per non crearmi facili antipatie.

Per quel che riguarda la risonanza delle Novelle, oramai, come ha detto Rai Radio Uno in una intervista che ho avuto nel mese di maggio scorso, le “Novelle brevi di Sicilia” sono diventate un vero e proprio caso letterario nazionale. Non credo che potrei fare altro o di più, tranne che continuare a condividere e far conoscere queste piccole storie siciliane a più persone possibile attraverso i miei profili e pagine social, così come faccio dal 2016 da quando hanno visto la luce pubblica.

Qual è, secondo te, il ruolo dell’arte e della letteratura nel nostro contesto sociale ed emotivo e come il tuo libro contribuisce a questo dialogo culturale?

Per rispondere a questa domano faccio due riferimenti, non le chiamo citazioni (anche se lo sono) perché non mi piace nelle interviste fare delle citazioni, ma in questo caso sono obbligato per evitare di far credere che quello che sto per dire è qualcosa di mio quando invece non lo è perché prendo a prestito delle riflessioni di due grandi personaggi che forse tutti conoscono, uno della letteratura americana del Novecento, e l’altro che appartiene alla storia della cultura, dell’arte e della politica della Sicilia dell’Ottocento, avendo contribuito a renderla grande, quantomeno negli spazi dove l’arte si coltiva e si crea, che, al di là delle retoriche, sono sempre indispensabili.

Ebbene, il primo riferimento è questo: «A cosa serve l’Arte se non ad aiutare gli uomini a vivere?». Verità assoluta, secondo me. A pronunciare questa frase, all’interno di una bella intervista concessa a Michael Perkins nel 1967, fu Charles Bukowski.

E a seguire: «L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire». Anche questa una grande verità, complementare alla prima, ma molto potente e lungimirante quale prospettiva di civiltà e di cultura quale frutto della buona arte, e nel nostro caso della buona letteratura. Questa seconda frase è una incisione nel grande frontale del Teatro Massimo di Palermo, la mia città.

Uno dei teatri più belli d’Europa, famoso perché costruito da due dei più grandi architetti del XIX secolo, Giovan Battista Filippo Basile e il figlio Ernesto Basile. Il Teatro Massimo è il secondo Teatro più grande d’Europa per grandezza e capienza di spettatori e possiede una qualità acustica terza in Europa solo dopo l’Opéra National di Parigi e la Staatsoper di Vienna. E questa frase fu voluta dal mecenate e mentore palermitano Camillo Finocchiaro Aprile, allora Ministro della Giustizia e delle Poste del Regno d’Italia, che contribuì affinché a Palermo venisse realizzato questo magnifico e magico tempio della cultura, dell’arte e della musica.

SenzaBarcode Redazione

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