Commissariamento Roma, la grande presa per i fondelli
Sarebbe interessante sapere quale norma consenta ad Angelino Alfano di concedere poteri di indirizzo al suo prefetto Franco Gabrielli senza il commissariamento di Roma e con il sindaco Ignazio Marino ancora felicemente in carica e in ferie.
A Roma le abbiamo viste tutte. Abbiamo assistito ad un’inchiesta per mafia che ha portato 59 persone al rinvio a giudizio direttamente collegate all’amministrazione della città nell’attuale e nella passata legislatura. Abbiamo subito l’incapacità politica di un sindaco che nei momenti topici era assente per viaggio o per vacanza, ma quando era presente nessuno se n’è accorto tranne per le sue dichiarazioni: molti in Italia soffrono di annuncite. Siamo rimasti sgomenti davanti ad una Capitale fatta a pezzi per la nota inchiesta Mondo di Mezzo e nuovamente diffamata per un funerale rom, senza dubbio di pessimo gusto, trasformato in una penosissima caccia allo scoop giornalistico ed alla comparsata televisiva e politica dei noti prezzemolini benpensanti che ci hanno allegramente fatto finire su tutte le testate internazionali. Presto assisteremo al nuovo trend turistico con relativo tour tutto compreso: pizza “mafiacapitale”, hotel lupara e serata danzante “Il Padrino”.
Immancabile sarà la celebrazione da parte dei suonatori gipsy davanti ai ristoranti del centro sulle note delle più belle colonne sonore malavitose di Hollywood.
Passivamente presi a schiaffi
Il romano, che per sua natura ha un’impostazione della vita fantozziana -la caricatura dell’impiegato romano- ha una tradizione e uno stile di vita quasi immutato nel tempo, sornione ed abitudinario nonostante di romani veri ve ne siano pochissimi e non tutti siano impiegati. Ha dovuto assistere agli immutati giochi di potere del papato per millenni, e sono secoli che la Chiesa ha i secoli contati; ha subito invasioni e saccheggi, e soprattutto dopo il 1870 non ha visto importare dai Savoia l’industria e l’efficienza piemontese, ma instaurarsi burocrazia e ministeri in via XX settembre con gli stessi burocrati papalini corrotti al potere. Il romano non ci si ritrova nel personaggio del mafioso con coppola e lupara, perché non è nella sua natura, come non sopporta i professionisti dell’antimafia tanto ben descritti da Sciascia, perché li ha sempre visti dalla parte opposta del marciapiede: nei palazzi istituzionali dove ci stanno anche i mafiosi.
Commissariamento, il balletto
Dopo la prima tranche dell’inchiesta su Mafia Capitale, coinvolti i più alti vertici dell’amministrazione attuale: un assessore, il presidente del consiglio comunale, consiglieri e, addirittura, il direttore integrità, trasparenza e semplificazione dell’azione amministrativa -sembra una barzelletta- Roma doveva cambiare aria, per dignità se non per scioglimento imposto. Ma si sa, questo sindaco non è romano e lo hanno capito un po’ tutti. Si è attaccato alla poltrona trincerandosi dietro alla sua onestà, non ha mollato un centimetro facendo il bene del suo partito, il PD romano, che, però, onesto non si è dimostrato e che alle elezioni difficilmente riuscirebbe ad arrivare ad esprimere un sindaco da ballottaggio. Questo non è fare il bene di Roma e dei romani, ma è salvare dal guano un partito romano che è stata espressione del potere locale per 5 legislature su 6. I mali di Roma non nascono con Alemanno, questo lo sanno tutti ma pochi lo dicono, e il potere politico chiamato partitocrazia non è appannaggio delle c.d. destre che hanno beneficiato relativamente per breve tempo del potere sulla città.
Il mezzocommissario di Alfano
Alfano deve al PD e a Renzi la sua esistenza politica, i giochi di Palazzo Chigi prevedono una convivenza tra PD ed NCD difficile, fatta di compromessi e di equilibri non sempre gestibili. La questione Unioni di Fatto e riforme istituzionali fanno tremare chi teme uno scioglimento delle camere anticipato, Roma si infila in questo equilibrio precario rischiando di spezzarlo. Sì, perché a Roma l’NCD è all’opposizione rispetto al governo cittadino del PD e le dichiarazioni della Angelilli sono state sempre di fuoco nei confronti di Ignazio Marino. Ma il sindaco “deve” essere salvato per salvare il PD essendo ormai una questione confinata a questo partito dopo le dimissioni del vicesindaco Nieri espressione di SeL. Ecco che nasce il pasticciaccio tutto partitocratico di mantenere il potere in mano a chi lo ha gestito per ventanni a cui Angelino Alfano si presta con questo mezzo commissariamento dalla dubbia legalità, perché Marino resta il sindaco legittimamente eletto.
Una polpetta indigesta soprattutto per i romani che tra inchieste show, sputtanamento globale e ridicolizzazione vorrebbero chiudere in fretta questa pagina mentre anche solo un funerale, matrimonio o battesimo rischiano di far riaprire ogni due o tre settimane la ferita: anche se le bocche di questi politici sono sempre troppo piene di provvedimenti esemplari, licenziamenti on twitter e ingiaccamenti.
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