Irene, figlia di una insegnante, scrive a Ignazio Marino
Una lettera aperta ad Ignazio Marino da Irene, figlia di una insegnante della scuola dell’infanzia di Roma.
Ricevo questa lettera da Irene, figlia diciassettenne di una insegnante della scuola dell’infanzia di Roma. Ho deciso di pubblicarla esattamente come la riceviamo, senza tagli o “abbellimenti giornalistici”. Irene scrive al sindaco della Capitale, Ignazio Marino, per fornirgli un nuovo punto di vista, qualcosa che probabilmente sfugge all’Amministrazione. A poche ore dall’apertura delle trattative ci auguriamo, almeno in questo modo, di sensibilizzare gli unici che hanno modo e maniera di intervenire, per risolvere.
Egregio Signor Sindaco,
mi chiamo Irene, sono la figlia di un’insegnante della scuola dell’infanzia e sono qui a parlare non solo come figlia, ma anche come cittadina italiana. E’ ormai da tempo che le insegnanti e i comuni lottano senza darsi tregua alcuna e non serve di certo impararlo a scuola che ogni cittadino svolge un ruolo importante all’interno della nostra società affinché ci sia un benessere comune. In questa lettera non mi riferisco solo a mia madre ma a tutte le donne che stanno lottando per ritornare a quell’equilibrio che avevano in passato e mi sembra ingiusto che debbano lottare ancora per provare a riottenere quello che avevano conquistato dopo tanti anni di guerre per conquistare i propri diritti. Seguo da sempre le orme di mia madre e da sempre sogno di diventare una futura insegnante proprio come lei, un sogno che ora mi sembra un incubo; un incubo che ad oggi stanno vivendo migliaia di insegnanti.
Sono stanca di vedere la demoralizzazione di mia madre e il suo viso che sembra più triste giorno dopo giorno
e me la prendo con voi che le state facendo detestare un lavoro che amava, non pretendo l’armistizio ma chiedo che non una ma le migliaia di voci vengano ascoltate; e facendo l’esempio di mia madre che oramai vive in un continuo stato di stress posso farne molti altri, lei è preoccupata e arrabbiata allo stesso tempo perché non accetta questo cambiamento, non accetta di passare poco tempo con me e mia sorella (più piccola di me) e non essere presente a pieno nelle nostre vite. Mia sorella in questo periodo ha bisogno di essere seguita perché sta attraversando il difficile periodo della pre-adolescenza trovatasi in una situazione di mancanza di un punto di riferimento, ho imparato a scuola che serve un esempio per imparare a crescere, alla fine io me la so cavare da sola ma ho comunque bisogno di lei, e mi fa rabbia non vederla quasi più e le poche volte che la vedo, lei è stanca per le troppe ore lavorative; vedo la tristezza in lei dove prima c’era gioia in tutto quello che faceva sia a casa che a scuola. In realtà non so bene quale sia il vostro obbiettivo se creare uno stato di equilibrio o ottenere un maggior lavoro, ma in entrambe i casi mi permetto di dirle che sta sviando dal vero obbiettivo l’equilibrio non si ottiene in questo modo e di certo con tutte queste proteste non otterrà un maggior lavoro; e mi preoccupo anche per me e per i futuri insegnanti, ci dicono che saremo il futuro ma andando avanti così dove sarà il futuro?
Immagino che lei sappia con precisione che sta colpendo, oltre alle insegnanti anche i loro figli ed i loro mariti e, cosa più importante, come le ho detto in precedenza, sta distruggendo l’amore e la passione nel lavoro.
Irene 17 anni, Roma.