Trovando una Chiesa a Roma
È difficile passeggiare per le strade di Roma e non imbattersi in una Chiesa. Ce ne sono più di novecento e ognuna ha una sua particolarità.
Dalle Basiliche, imponenti e maestose nelle loro piazze che accolgono migliaia di persone, a quelle di periferia, spesso caratterizzate da un’architettura moderna che gioca con i chiaroscuri di vetrate colorate. Ci sono quelle che fanno parte dei percorsi turistici, nelle quali a volte si perde l’intimità che un luogo sacro dovrebbe trasmettere, e quelle meno conosciute, che conservano il silenzio e il raccoglimento necessario quando si ha la necessità di un momento di riflessione personale.
Per entrare in una Chiesa si è obbligati ad affrontare dei gradini.
Certo, oggi la maggior parte di loro hanno rampe per i disabili, ma per accedervi si devono calpestare dei gradini. Alcuni semplici perché bassi e larghi, altri impegnativi perché alti e stretti. Magari talmente tanti da creare una scalinata mozzafiato.
Un giorno, girovagando per la mia città, sono inciampato in un gradino che pesava!
In realtà, ero già dentro una Chiesa e mi ero avvicinato a uno degli altari laterali che la caratterizzano. Ho avuto difficoltà a salirlo, anzi non sono proprio riuscito a porci i miei piedi.
A essere completamente sincero, ero entrato in quella Chiesa proprio perché stavo cercando quel gradino. Sto parlando della Basilica di Santa Maria Maggiore sul colle Esquilino, una delle quattro basiliche papali di Roma, le uniche dove si può ammirare il trono del Papa. Ma Santa Maria Maggiore è anche il primo e più importante Santuario Mariano di Roma, nel quale è custodita la miracolosa immagine bizantina di Maria “Salus Popoli Romani”, che protegge i romani da più di mille anni.
Era la mattina del 5 agosto dell’anno 358 d.C. quando ne fu tracciato il perimetro dopo un’insolita nevicata estiva solo su quel colle, mentre il resto della città era soffocata dalla calura estiva, e la Madonna apparve in sogno a Papa Liberio e al patrizio Giovanni, chiedendo loro di costruire una chiesa proprio su quel tracciato.
In questa enorme costruzione religiosa, insieme a centinaia di opere d’arte e oggetti sacri, c’è il gradino che è impossibile calpestare perché custodisce un tesoro che simboleggia l’umiltà e la semplicità che in pochi posseggono.
Sotto questo gradino, sul lato destro dell’altare maggiore, è sepolto Gian Lorenzo Bernini. Il più grande scultore e architetto del Barocco. Colui che ha plasmato la fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona; che ha disegnato il colonnato di Piazza San Pietro; che ha eretto il baldacchino della Basilica di San Pietro; che ha progettato alcune delle più belle chiese di Roma, come Sant’Andrea al Quirinale.
E mi fermo qui perché si potrebbe stare a parlare per intere giornate di quanta bellezza e quante emozioni ci ha regalato questo artista.
Gian Lorenzo Bernini è sepolto sotto un gradino. All’interno di una Basilica. Nella tomba di famiglia. All’ingresso di una cappella laterale. Una sola incisione, “Hic humiliter quiescit”, ricorda il luogo dove sta riposando in eterno. Accanto solo il suo nome. Tutto per ricordare l’umiltà che ha contraddistinto la sua straordinaria vita.
E allora è difficile non pensare alle tombe che Gian Lorenzo ha realizzato per i papi, molte delle quali troneggiano all’interno della Basilica di San Pietro.
Raccontano di Papi come Alessandro VII e Urbano VIII, del loro potere, della loro benevolenza, della loro magnificenza, della loro eternità. Tombe bellissime e imponenti, che incutono timore reverenziale nei confronti di chi è sepolto. Verso chi desiderava essere ricordato come un potente. Tombe importanti ai nostri occhi, ma realizzate da un umile grande uomo che ha scelto di essere sepolto sotto un gradino di una chiesa.
Ero nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, sul colle dell’Esquilino, a due passi dalla stazione Termini. Dove, nonostante esista una Porta Santa e un Altare Papale, ancora si può trovare quel raccoglimento che ci si aspetta in un edifico sacro.
Sono uscito fuori, ebbro dell’esempio di semplicità di Gian Lorenzo Bernini, e mi sono imbattuto nella confusione del traffico ormai caratteristico della Capitale d’Italia. Perché il silenzio dell’umiltà di quel grande artista riesce ancora a far estraniare da tutto ciò che è estraneo a chi vuol rimanere ancora sensibile alle piccole, grandi cose.



