Produttività misurata sulla performance strutturali. Dipendenti di Roma Capitale
Al centro della riforma del contratto dei dipendenti di Roma Capitale c’è la produttività di struttura. Abbandonare i vecchi sistemi per una cultura amministrativa. Ne parliamo con Marco Ralli Asbel.
Qualche giorno fa il FattoQuotidiano.it riportava la notizia della chiusura del contratto integrativo dei dipendenti di Roma Capitale fornendo anche dettagli e cifre riguardanti la produttività strutturale. SenzaBarcode ha voluto capirne di più interrogandosi con Catia Mineo (UIL), Mary Garau (Asbel) e Stefano Giannini (sulpl).
A distanza di una settimana, senza smentite o precisazioni da parte del giornale e/o del Campidoglio, torniamo a parlarne, questa volta con Marco Ralli, Rsu Asbel-Cnl.
La notizia del Il Fatto è inesatta, ma vero è che, informalmente, continuano a tenersi incontri tra le parti, dai quali trapela assai poco. Il rischio è che le trattative “ufficiali” attorno al tavolo centrale si riducano a luogo dove ratificare decisioni prese altrove. Detto questo c’è di vero che da una produttività misurata sulla performance individuale (che con i passati criteri era lasciata buona parte alla valutazione discrezionale dei dirigenti) si dovrebbe passare a una produttività legata agli obiettivi delle strutture, quindi teoricamente misurabili oggettivamente.
Il Fatto ha scritto di un aumento in busta di circa 100€
Inutile parlare di cifre perché, al momento, non si conoscono gli esatti stanziamenti annuali a questo dedicati. La nostra valutazione è che il nuovo sistema in teoria è più rispondente a una realtà complessa come i servizi di Roma Capitale e meno soggetto allo strapotere dei dirigenti. Allo stesso tempo legare la produttività dei dipendenti agli obiettivi dei dirigenti significa da un lato doversi dotare di efficaci strumenti di monitoraggio e valutazione della qualità dei servizi, dall’altro abbandonare finalmente la logica del mero adempimento burocratico per passare a una effettiva cultura amministrativa improntata alla condivisione e compartecipazione attiva.
Come si mette in atto?
Attraverso una organizzazione del lavoro meno gerarchizzata e che privilegi una metodologia del lavoro in equipe orizzontali e trasversali. Invece la vecchia logica gerarchica burocratica non sembra venire abbandonata, visto che si parla non di ridurre le spesso inutili Posizioni Organizzative ma addirittura di incrementarle. Quindi col nuovo sistema di produttività si introducono certamente aspetti positivi per i dipendenti, ma senza la necessaria riforma del modello organizzativo si lasciano intatti i motivi delle attuali rigidità burocratiche.
Motivi riconducibili ad un processo decisionale sottomesso a catene di comando inadatte a rispondere utilmente e tempestivamente ai mutamenti incessanti della realtà e dei bisogni della città e che oltretutto sono di forte impedimento a ogni percorso di condivisione e valorizzazione di quell’autentico patrimonio umano costituito dall’esperienza e dalle capacità di migliaia di donne e uomini che ogni giorno sono in prima linea nella erogazione di servizi importanti per la vita di chi abita a Roma.
Una sensata riforma dell’intera struttura richiede, quindi, una diversa idea di buona amministrazione che metta davvero i diversi “attori” della città in condizioni di cooperare per il bene comune, finendola con le logiche clientelari e i centri di potere di chi ha in mano i centri di costo dell’apparato comunale. Ci piacerebbe vedere finalmente utenti e lavoratori pienamente coinvolti nei processi decisionali perché, in fondo, siamo sulla stessa barca e la logica dei “pochi” che decidono su tutti non funziona più (l’abbiamo visto con Mafia Capitale).
Torniamo al piano contrattuale
pensiamo infine che occorra investire sulla formazione permanente, sulla salute e sicurezza e garantire quel necessario recupero salariale per restituire dignità al nostro lavoro. Inoltre vanno ripristinate le piene agibilità sindacali a livello di ogni singolo servizio e cancellate le odiose discriminazioni per i disabili e chi fruisce della legge 104. Rivedere infine il regime degli orari di lavoro perché in alcuni servizi sono massacranti e penalizzano in particolare modo le donne. A latere del contratto ma strettamente intrecciate nei risvolti pratici altre due questioni per noi primarie: è necessario un forte rimpolpamento delle dotazioni organiche in ogni area professionale, considerato che Roma, fra le grandi città, è fanalino di coda nel rapporto abitanti/dipendenti comunali. Urge poi un piano strategico per reinternalizzare tutte quelle attività (Roma Multiservizi, canili, ecc.) che, soggette per anni alle logiche privatistiche, hanno generato profitti per i privati, debiti per la città e crisi occupazionale.