Abuso e aborto: i piani del valore della vita
«Da un punto di vista qualitativo, è molto più grave l’aborto dell’abuso su un bambino da parte di un sacerdote». Così, mons. Fabio Martinez Castilla, dell’arcidiocesi di Tuxtla nella regione del Chiapas, si è espresso recentemente nel corso di una funzione religiosa. Ma non possono esistere diversi piani del valore della vita.
Lo scandalo sugli abusi sui minori è alla ribalta da più di dieci anni, ormai, da quando nel 2002 il The Boston Globe pubblicò l’episodio di un prete che aveva violentato un ragazzino di dieci anni.
Da allora è stato un susseguirsi di pubblicazioni di denunce, condanne, dimissioni e insabbiamenti di casi di pedofilia da parte di esponenti del clero cattolico. Solo a Boston finirono sotto accusa 89 sacerdoti e rimossi dall’incarico più di 55 preti. Dopo aver fornito pubbliche scuse rassegnò le proprie dimissioni.
Nel 2006 venne trasmesso in Inghilterra il documentario Sex and The Vatican, che troverà spazio in Italia solo nell’anno successivo, e a livello nazionale e mondiale scatenò infinite polemiche.
Nel biennio 2009-2010 fu l’Europa a far parlare di sé. Numerosi esponenti del clero, in quasi tutti i Paesi del continente, vennero costretti a dimettersi dall’incarico che ricoprivano.
Durante le indagini, poi, vennero portati a galla anche episodi accaduti decenni prima, ma sempre taciuti, perché l’apparenza era più importante, e l’immagine dell’integrità andava conservata, ad ogni costo. E la scia di scandali non si ferma, perché troppo spesso, ancora oggi, ci giungono notizie di quest genere.
E l’aborto, l’altro caso chiamato in causa, è regolato in Italia dalla legge 194, che consente di abortire fino al novantesimo giorno di gestazione. Inutile dirlo, la legge è stata, e continua ad essere, oggetto di discussioni moraliste, etiche, politiche e sociali, che hanno visto la luce 35 anni fa, al momento della sua emanazione, e sono riemerse l’ultima volta pochi giorni fa, quando alla camera sono passate le mozioni che difendono il diritto dei singoli operatori sanitari ad esercitare l’obiezione di coscienza, purché non diventi l’obiezione del sistema sanitario stesso.
Sulla questione aborto c’è molto da discutere, troppi fattori entrano in gioco, e ognuno la pensa a modo suo, magari anche basandosi sul proprio credo religioso. E non bisogna dimenticare le circostanze che spingono una ragazza, una donna verso l’aborto.
Al di là di come la si pensi, non è accettabile che si parli in questi termini di piaghe come l’abuso sui minori, e il valore dell’aborto. E lo diventa ancora di più quando a farlo è un membro di quella comunità che dovrebbe difendere i più deboli, che dovrebbe aiutare la gente comune. Perché questa comunità è la stessa che ha sempre esaltato il diritto alla vita, urlando contro aborto ed ogni forma di contraccezione, ma che non vuole riconoscere, quando uno di loro è coinvolto, che il diritto alla vita passa anche per il diritto di vivere la propria infanzia e la propria adolescenza senza la paura che qualcuno si approfitti di te.
E queste parole fanno male. Fanno male alla fede; fanno male alle persone che nella Chiesa credono e si impegnano. E fanno male ai più giovani, perché non si vedono protetti, e capiscono di essere vulnerabili, e di perdere ulteriori punti di appoggio.
Il valore della vita umana non conosce piani. Non si può decidere a tavolino che un embrione vale più di un bambino. La capacità di difendersi che queste due entità hanno è la stessa.
Ed è gravissimo che il mondo religioso, soprattutto dopo le parole piene di indignazione pronunciate da Papa Francesco contro i preti pedofili, ancora ospiti persone che provano a definire una gerarchia dell’importanza della vita umana solo per difendere l’immagine della propria istituzione.
In merito ancora molto andrà fatto, la strada sarà in salita. Ma, sicuramente, leggere queste affermazioni non aiuta la Chiesa a rimettersi sotto una buona luce.