Pio La Torre – quando la politica era affar di popolo
Oggi, in periodo di crisi – morale prima che economica- doveroso è ricordare gli uomini che alla Politica, quella vera, con la P maiuscola, hanno dato un contributo fondamentale.
Pio La Torre, nato a Palermo nel 1927, cresciuto in Sicilia e ucciso, nel 1982, per mano della mafia nella stessa città che gli ha dato i natali, viene ricordato poco, e quasi mai si trovano sue citazioni, neanche nel giorno dell’anniversario della sua morte.
Strana questa storia, tutta italiana, in cui alcuni morti per mano della mafia sono ricordati più di altri, che comunque hanno contribuito alla creazione di una coscienza sociale e nazionale.
Eppure è stato uno degli esponenti del PCI, un protagonista dell’antimafia, un uomo vicino ai siciliani e uno di quegli uomini che mi ha fatto innamorare della sinistra italiana, quella che oggi fatico a ritrovare negli attuali partiti e nei loro portavoce.
Amava così tanto la sua Sicilia da non aver paura di rischiare la propria vita per difenderla. Si è schierato dalla parte dei contadini, avviando nel 1949, le occupazioni programmate dei campi incolti o abbandonati. Ha preferito trascorrere 19 mesi in carcere, piuttosto che rinunciare alla sua causa. La libertà, quella vera, non è quella fisica, ma mentale. Nessuno può incarcerare lo spirito di un libero pensatore.
Il contributo maggiore, Pio La Torre, lo ha dato in seguito al suo ingresso alla Camera dei Deputati nel 1972.
Dal 1973 al 1976 fa parte della Commissione Parlamentare sul fenomeno della mafia in Sicilia. In uno dei suoi interventi presso la suddetta commissione spiega come la pubblica amministrazione, insieme alla gestione democristiana della Sicilia occidentale, abbia favorito la nascita ed il mantenimento di favoritismi e clientelismi che hanno aumentato il potere dei clan mafiosi. Per la prima volta nella storia della Repubblica italiana, Pio La Torre parla di rapporti tra Stato e mafia, accusando sì gli amministratori locali, ma chiamando in causa anche le dirigenze nazionali. L’analisi è così attenta e precisa, – propria di chi nel territorio siciliano è cresciuto e vissuto, e non in posizione privilegiata rispetto alla popolazione, come attualmente accade- da capire che il fenomeno della disoccupazione viaggia di pari passo con l’incremento della criminalità. Sua è inoltre la proposta di legge di inserire, nel codice penale, il reato di associazione mafiosa, impunita fino a quel momento, nonché la confisca dei beni riconducibili alle attività illecite dei condannati . – L. 13 dicembre 1982, n.646-.
Proprio a causa di questa voglia di rendere la sua Sicilia libera dal flagello che ancora oggi affligge molte regioni meridionali, ha perso la vita, insieme al compagno di partito Rosario Di Salvo, trentuno anni fa, la mattina del 30 aprile 1982. Mandanti dell’omicidio i Boss Riina, Provenzano, Calò, Brusca e Geraci.
Se si analizza attentamente il lavoro che Pio La Torre ha effettuato durante la sua presenza al parlamento italiano fa impressione vedere come ancora oggi vi siano le stesse problematiche di allora, non solo in Sicilia, ma ormai in quasi tutta Italia. Cinquant’anni non sono serviti praticamente a nulla.
Parlando di gente come Pio La Torre, Enrico Berlinguer, Sandro Pertini, mi sento di fare un appello all’attuale – e presunta- sinistra italiana. Ritrovate la responsabilità, quella vera, nei confronti del popolo. Ricordatevi della gente che come Pio non ha temuto né la galera, né la morte, in nome dei propri ideali, dei propri principi. In difesa dei più deboli, di coloro che non avevano voce né titolo per parlare.
Ha le sue schizzofrenie e manie inconsulte…..ma la ragazza scrive bene assai.Da proporre in qualche testata giornalistica di spessore .
Ha le sue schizzofrenie e manie inconsulte…..ma la ragazza scrive bene assai.Da proporre in qualche testata giornalistica di spessore .