Affido condiviso, dopo 10 anni le riforme necessarie
Legge 54 del 2006, affido condiviso. Ancora tanta strada da fare e modifiche necessarie. Ne parliamo con la senatrice Maria Mussini, gruppo Misto.
Sulla carta è una grande conquista, specialmente per i figli. L’ affido condiviso è la giusta soluzione per tutelare la bigenitorialità e per garantire la presenza di mamma e papà ai figli coinvolti nella separazione dei genitori. Ma sin dalla sua nascita, la legge 54 del 2006, ha evidenziato delle modifiche necessarie e, nella sua applicazione, una mancanza di equilibrio dando sempre maggiore “spazio” al genitore collocatario.
I conflitti che sempre più spesso e marcatamente sono presenti nelle fasi dalla separazione al divorzio, rendono l’ affido condiviso un tormento per genitori e figli che si trovano nel mezzo di dispute, litigi, controversie, denunce – vere o fasulle- vendette. Fino ad arrivare all’alienzione genitoriale e le varie e variegate sindromi che affliggono i genitori alienanti o “malevoli”.
Cosa funziona e cosa no della legge c.d. affido condiviso? Ne parliamo con la senatrice Maria Mussini, gruppo Misto e Segretario della 2ª Commissione permanente (Giustizia)
La legge del 2006 ha il grande merito di avere fissato definitivamente due principi: può cessare il legame tra due coniugi, ma la relazione genitoriale non deve essere interrotta, si può non essere marito e moglie, ma si è padre e madre per sempre. L’interesse del minore è costituito anche dalla certezza di entrambe le figure dei genitori. Se fino ad ora è stato mediamente raggiunto l’obiettivo della condivisione delle decisioni, rimane tuttavia difficoltoso l’esercizio di una bigenitorialità in senso compiuto.
Questa infatti dipende dalla sua effettiva declinazione nella quotidianità e si realizza nella piena partecipazione di entrambi, padre e madre, alla vita dei figli, in tutte le sfumature e i dettagli che costituiscono giorno per giorno le tappe della crescita. Il rimando che abbiamo dalla realtà che tanti vivono è che di fatto predomina spesso il genitore collocatario.
Le proposte di legge ad oggi in discussione in commissione Giustizia del Senato sono orientate a correggere la legge 54 in una direzione precisa: introdurre delle indicazioni vincolanti per il giudice proprio nell’assegnazione del figlio all’uno e all’altro dei due genitori. Parrebbe che sia proprio presa di mira la discrezionalità del magistrato, che, per risolvere stati di tensione e di conflittualità, preferisce in genere identificare una figura di riferimento.
La mia opinione a questo proposito è che si dovrebbe cercare di uscire da automatismi -difficili quando si tratta poi di calare il provvedimento nelle situazioni specifiche- e affrontare piuttosto le vere ragioni che spesso impediscono la realizzazione del sano principio della bigenitorialità.
Spesso è il precipitato che residua dalla relazione interrotta della coppia che interferisce nel rapporto con la prole
Una miscela che non può essere gestita solo a livello di giurisprudenza, ma che necessiterebbe di tutte quelle professionalità che possono operare con successo: mediatori familiari, assistenti sociali formati ad hoc, terapeuti specializzati in dinamiche familiari. Figure terze che dovrebbero avere un ruolo di facilitatori proprio nell’eventualità che le divergenze e i conflitti non solo impediscano il buon funzionamento dell’affido condiviso, ma provochino anche disfunzioni genitoriali.
A questo proposito segnalo la mia preoccupazione per le recenti intenzioni del Governo di chiedere una delega parlamentare a riformare tutto il sistema della giustizia minorile proprio limitandone (se non recidendone) l’attitudine a svolgere la propria funzione in stretta collaborazione con i servizi territoriali per l’infanzia e l’adolescenza. Una prassi corroborata da protocolli, che si era consolidata nel tempo arrivando a fare del sistema italiano un modello europeo.
Chiedo ancora alla senatrice Maria Mussini se l”introduzione del divorzio breve ha cambiato in qualche modo l’atteggiamento dei coniugi verso l’ affido condiviso.
Nonostante i dati statistici (rilevazioni ISTAT) oggi ci confermino due tendenze in aumento, da un lato il numero di matrimoni e dall’altro quello dei divorzi e nonostante gli operatori del diritto confermino che i nuovi istituti sullo scioglimento del matrimonio stiano effettivamente diventando più efficaci, forse è presto per collegare la maggiore facilità con cui si pone fine al legame coniugale con una cultura della bigenitorialità. Bisognerà attendere una verifica puntuale delle cifre. Teniamo anche presente che il divorzio breve avviene in condizioni di consensualità, di conseguenza opera su un terreno che già di partenza dovrebbe vedere ridotta la conflittualità nella coppia.
La mia personale opinione è che comunque si possa ragionevolmente pensare che ci si muova nella direzione giusta. Creare le condizioni giuridiche per incentivare una risoluzione del rapporto matrimoniale in un clima di condivisione non può che riverberarsi sulla predisposizione a riconoscersi entrambi genitori a pari titolo e pari responsabilità.
Partecipando in modo altrettanto consensuale alle decisioni che riguardano la prole e raggiungendo il riconoscimento reciproco del diritto a mantenere un rapporto quotidiano con i figli.