Cronaca

Salario accessorio: la beffa si trasforma in farsa

Il lungo braccio di ferro tra l’amministrazione capitolina ed i suoi dipendenti sul salario accessorio, parte da lontano, è iniziata da tempo in altre città italiane dove ha il sapore di beffa, ma a Roma la beffa si trasforma in farsa.

Andiamo al nocciolo della questione beffa. Dopo l’approvazione della c.d. Legge Brunetta si decide a macchia d’olio di colpire il salario accessorio, quelle voci di salario contrattate in sede di decentrato tra le amministrazioni locali ed i sindacati, i famosi tavoli di concertazione locali, che provano in qualche modo ad adeguare il salario dei dipendenti al costo reale della vita in assenza di rinnovo del contratto, lo scopo è anche quello di incentivare particolari servizi e disincentivare l’assenteismo.

Fin qui la scure. Poi arriva la beffa: in varie città, pur non avendo il singolo dipendente partecipato direttamente all’accordo “illegittimo” sul salario accessorio si vede chiedere singolarmente la parte di retribuzione percepita “illegalmente”, dipendenti che viaggiano tra i 1.200 ed i 1.600 euro al mese si vedono chiedere indietro dai 4.000 euro in su. Basta immaginare quella parte di famiglie monoreddito, con affitto o mutuo da pagare e magari uno o più figli a carico, che si vedono decurtare dal misero stipendio 200 o 300 euro e a cui verranno trattenuti altri 400 o 500 euro al mese per la restituzione del salario indebitamente percepito. Alla beffa si aggiunge una popolazione italiana affetta da incapacità empatica che gode delle disgrazie altrui: tutti sono privilegiati tranne quando ci si guarda allo specchio. In questo caso l’opinione pubblica viene anche montata da certa stampa, che quando non è costretta dall’editore a forzare la mano per altri scopi, non spiega ciò che accade o lo spiega male per pura sciatteria. Il risultato è una bomba ad orologeria lasciata in mano a persone del tutto inadeguate.

A Roma la farsa va in scena quasi subito. La passata amministrazione, degna erede delle precedenti anche se di colore diverso, eredita un buco di bilancio miliardario, e invece di mettersi all’opera per tentare di risanare in quache modo la voragine campa per cinque anni aggravandone la portata. Nasconde la testa sotto la sabbia terminando un anno fa la propria corsa, ma raccontare la famosa storiella del cassetto in cui giace il resoconto del disastro romano precedente alla attuale relazione del MEF è una balla storica: tutti sanno del buco di bilancio, tutti sanno del problema salario accessorio, tutti sanno che già negli anni precedenti si è stati a rischio di non pagare gli stipendi. La nuova amministrazione, con i vecchi dirigenti, entrano “verginelli” a raccontare del disastro e fanno finta di scoprire il tutto per la prima volta.

Da subito si procede col braccio di ferro per il decreto Salva Roma per evitare che al voto amministrativo segua subito il commissariamento, ma il decreto è più volte bloccato per veti incrociati con scopi spesso altri che il puro interesse per le casse pubbliche. Si arriva ad un compromesso fatti salvi tutti gli interessi e si tralascia fino a gennaio il problema tagli. Eppure c’è chi invoca una soluzione rapida, perfino da parte dei sindacati, ma nulla! Si naviga a vista per arrivare ad aprile con in mano tutto già pronto. La relazione degli ispettori del MEF chiamati dall’attuale Sindaco, parla di varie criticità e solo tra le ultime cose inserisce il salario accessorio dei dipendenti, ma l’assessore al bilancio nominato da Ignazio Marino, magistrato della Corte dei Conti, è già pronto al taglio di quella parte del salario perché illegittimo. Sarà tale magistratura contabile, ovvero i colleghi dell’assessore, che potranno pronunciarsi sul salario dei dipendenti. La guerra dell’assessore, però, colpisce anche in alto e dà fastidio alla politica, troppo, e quindi salta, ma prosegue la questione salario dei dipendenti, che rimane come solo punto reale di criticità da “aggredire” venendo tralasciate altre centinaia di pagine di relazione degli ispettori del Ministero che parlano di molto altro.

Ad aprile si minaccia il mancato pagamento per maggio del salario accessorio creando anche situazioni di crisi nelle persone che vedono davanti a loro lo spettro di mesi in cui la decisione sarà mangiare o pagare l’affitto. Il braccio di ferro prosegue con la partecipazione di migliaia di dipendenti comunali ad un’assemblea convocata in Campidoglio il 6 maggio che paralizza parte della città mentre la palla viene rilanciata sul tavolo del Governo che potrebbe risolvere la questione con un decreto, ma si limita ad una circolare normativamente debole, che consente il pagamento salvo conguaglio fino alla definizione di un nuovo contratto decentrato. Il conguaglio sono quelle somme che se verranno ritenute indebitamente percepite dovranno essere restituite: l’emergenza è tamponata, l’agonia prosegue alla faccia di quando in situazione analoga Renzi dichiarò “non siamo su scherzi a parte” che prima si eroga lo stipendio e poi si ne richiede la restituzione.

Il Sindaco Ignazio Marino ci mette del suo, non vuole interlocutori: fissa come data ultima il 31 luglio per discutere del contratto, dopo quella data lo calerà dall’alto lui, e sbatte sul tavolo di confronto con i sindacati un contratto già preparato da tempo, che evidentemente non salva quelle voci di salario agganciandosi al vecchio CCNL del 2000, ma in compenso diffonde la buona novella: i soldi ci sono e sono stati stanziati, i dipendenti che lavorano meglio e di più saranno anche premiati e per tutti gli altri non cambierà molto. Questa la balla! Intanto il bilancio non è stato approvato, è solo presente sul retro dei bus di linea come pubblicità, ma nessun Consiglio si è espresso, mentre nel contratto decentrato ciò che dice l’amministrazione, in modo particolare Luigi Nieri e Ignazio Marino, non c’è o non si vede. Attualmente nessuno ha ben capito l’obiettivo del contratto, mentre la promessa riorganizzazione del lavoro, l’efficientamento, la meritocrazia sono fumosi, solo il taglio è reale: sembra uno spot ben orchestrato.

I sindacati, non senza gravissime colpe, si sentono in questo caso giustamente presi per il sedere e si va allo sciopero del 6 giugno, con adesioni anche oltre l’80%, la Capitale in difficoltà, un Sindaco che con i suoi continui bracci di ferro è sempre meno amato dal Consiglio, dal PD romano, da Renzi e soprattutto dai romani. La farsa continua.

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SenzaBarcode Redazione

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