L’ultimo testamento di Philip Le Roy: la recensione
Ecco la recensione de L’ultimo testamento, romanzo thriller scritto da Philip Le Roy, che segue molto le orme dettate dai libri di Dan Brown.
Quando ho messo le mani per la prima volta su questo libro, prestatomi da un carissimo amico, non avevo la più pallida idea di cosa mi accingevo a leggere. Non amo anticiparmi trame, argomenti e cose simili delle opere che vado a visionare, in modo da non rovinarmi la sorprese e godermi al meglio l’esperienza. L’unica cosa che sapevo è che L’ultimo testamento era un racconto a sfondo “parzialmente” religioso, e ovviamente in tali contesti l’associazione con i romanzi di Dan Brown appare scontata ed immediata; un paragone, quindi, giusto? Scopriamolo insieme.
Philip Le Roy, nato nel 1962 a Tolosa, ha lavorato come sceneggiatore pubblicitario e cinematografico, enormemente influenzato dai film di Kubrick, De Palma e Tarantino. Nel 1997 pubblicherà il suo primo libro, Pour adultes seulement, seguito l’anno successivo da Couverture dangereuse. Nel 2004, arriva la svolta: Le Roy pubblica Le Dernier Testament, accolto in Francia con grande entusiasmo; il romanzo viene infatti paragonato alle opere di Dan Brown, ricevendo numerosi consensi ed una visibilità maggiore rispetto alle prime opere, spingendone la traduzione in lingua italiana. L’ultimo testamento giunge quindi nel nostro paese, pubblicato in Italia dalla Dalai Editore nel 2007.
La trama ci presenta sin da subito la figura di Yehoshua Ben Yossef, che nel 70 d.c. seppellisce in Giudea un manoscritto che verrà riportato alla luce solo secoli dopo. Catapultati subito nella nostra epoca, l’attenzione si sposta a Fairbanks, in Alaska, dove un equipe di medici viene brutalmente massacrata all’interno di un laboratorio, insieme a Clyde Bowman, agente dell’FBI, e a due premi Nobel. Per risolvere il caso viene contattato l’ex-agente Nathan Love, uomo apparentemente senza alcuna personalità propria cultore dello zen e delle arti marziali, isolatosi dal mondo dopo la morte della moglie Melany; Nathan incontrerà lungo il suo viaggio numerose peripezie, tanti personaggi ed avrà a che fare con segreti sconvolgenti, fino al “tragitto” finale.
L’ultimo testamento, almeno sotto il punto di vista stilistico e sintattico, risulta ineccepibile: le descrizioni delle varie situazioni appaiono estremamente minuziose, forse troppo in certe circostanze, soprattutto quando non strettamente necessarie. Il ritmo della lettura risulta piuttosto incostante: ciò non rappresenta per forza un difetto, ma si ha l’impressione che in determinate sezioni l’autore abbia voluto allungare volutamente il brodo. A differenza del “browniano” Robert Langdon, Nathan Love appare come un superuomo, una macchina distruttrice ed indistruttibile, capace di superare qualsiasi difficoltà, di ammaliare qualsiasi donna esso incontri e di immedesimarsi al 100% in tutte le personalità dei personaggi coinvolti nel caso; tali caratterizzazioni spostano il romanzo verso binari meno realistici e più “grotteschi”, contrastando l’atmosfera generalmente “realistica” che pervade per gran parte dell’opera.
Le atmosfere “kitsch” dei film di Kubrick e Tarantino vengono riversate all’ennesima potenza ne L’ultimo testamento, con la presenza di omicidi e di situazioni rappresentate, spesso e volentieri, in maniera decisamente raccapricciante, vista anche la minuziosità nei dettagli. L’esagerazione dei vari combattimenti (anch’essi molto “tarantiniani”) sposta ulteriormente in alto l’asticella dell’irrealismo, ma la prolissità delle descrizioni elimina tutto il pathos che tali situazioni di pericolo dovrebbero scaturire.
Dopo un’introduzione piuttosto blanda, la lettura de L’ultimo testamento risulterà comunque piacevole, nel bene o nel male, tra le ingenuità e le intuizioni geniali di Le Roy, capace di regalare anche buoni colpi di scena, mai fuori posto o totalmente forzati. Più si andrà avanti, più la storia risulterà intrigante, fino ad un finale forse non entusiasmante, ma comunque funzionale a ciò che è stato raccontato fino a quel momento.
I thriller di Dan Brown si fondano sulla storicità dei monumenti, sul realismo delle situazioni e sul carisma di Robert Langdon; L’ultimo testamento si snoda su territori differenti, pur utilizzando la stessa base di Brown, quella religiosa: c’è maggior azione, maggior correlazione tra i personaggi, maggior varietà. Tra i suoi pregi e i suoi difetti, L’ultimo testamento riesce comunque a convincere, nonostante qualche punto morto ed un contrasto troppo elevato tra realismo ed esagerazione.
Pro:
- Intensità in crescendo;
- Stilisticamente curato;
- Estremamente realistico in certi frangenti…
Contro:
- …estremamente irrealistico in altri;
- Spesso poco coinvolgente e troppo descrittivo;
- C’è qualche errorino di punteggiatura, probabilmente da ricercare nella traduzione italiana.
Voto finale: 7-
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