Storia vecchia di una nuova emigrante
Storia vecchia di una nuova emigrante.
Storia di ogni persona che, un po’ per scelta, un po’ per imposizione, si trova a vivere lontana da casa.
Io sono andata via per studiare, per specializzarmi, perché si sa che se le aziende italiane leggono nel tuo CV di una laurea presa in un ateneo meridionale, ti considerano una mera diplomata. Così ho fatto le valigie e son partita.
Il treno è la tortura di ogni migrante. Il viaggio è lungo, i finestrini grandi e la solitudine enorme. Hai il tempo di pensare e ripensare al pranzo di famiglia, alle discussioni intorno al tavolo, alle risate con i fratelli e le sorelle e alle lunghe ed infinite chiacchiere di tua madre.
Hai il tempo di chiederti: ” ma ho fatto davvero bene ad andar via? “
Inizi a torturarti dal giorno prima, a guardare negli occhi tua madre, a studiare i pensieri di tuo padre. Abbracci un po’ più forte la tua nipotina, che infastidita dai milioni di baci ti sfugge come un’anguilla. Aumenta la preoccupazione per le scelte di tua sorella e tu senti di essere un osservatore, ogni volta è un passo indietro. E’ sempre la tua famiglia, ma tu sei sempre più fuori, come se osservassi i pesci in un acquario e la stessa cosa vale per gli amici storici. Loro vanno avanti, nuove vite, nuove ragazze o ragazzi che non sanno mai veramente chi sei e perché ancora fai parte di quella cerchia di amici.
Il giorno del rientro arriva presto, la mattina della partenza è la peggiore. Senti fisicamente il cuore stringersi, gli occhi riempirsi di lacrime. Tua madre evita di guardarti in faccia, tua nipote ti saluta piangendo, chiedendoti di non andare via, di restare a casa con lei. Tua sorella ti abbraccia un po’ più forte. Arriva tuo padre che piano, di nascosto, ti mette in mano un po’ di soldi. Sarai sempre una figlia, soprattutto in uno stato come questo, che non permette ai ragazzi della mia età di diventare adulti. Oltre al danno, quindi, anche la beffa.
Non credo che potrei mai più riabituarmi alla vita del mio piccolo paese, ma lasciarlo, ogni volta, fa sì che la domanda rinasca nella mia testa. I miei genitori, dopo venticinque anni di vita da emigranti, hanno deciso di ritornare in Calabria, nel paesello natio. E io ad ogni rientro, capisco un po’ di più la loro scelta.
Stasera tornerai alla tua vita normale, e domani andrà già meglio, ma per ora…
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