Cronaca

Integrazione: la guerra delle definizioni

Il ministro per l’integrazione Kyenge ha appoggiato la proposta pro-integrazione della consigliera comunale Camilla Seibezzi, scatenando la guerra delle definizioni.

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Quella dell’integrazione si è trasformata lentamente in una guerra di definizioni. Uno dei discrimini tra la compiuta o meno accettazione delle famiglie omosessuali passa proprio qui, tra i concetti di “padre”, “madre” e “genitore”. La polemica è stata alimentata qualche giorno fa dalle affermazioni di una consigliera di Venezia, Camilla Seibezzi, che ha proposto un rinnovamento nella redazione dei documenti, sui quali proprio le parole “padre” e “madre” andrebbero sostituite dal neutro “genitore”. L’idea originale deriva, però, da una proposta interna alla Francia, dove si auspicava addirittura di sostituire i due termini con “genitore 1” e “genitore 2”. La mozione francese, ripresa e rielaborata dalla Seibezzi, è giunta dunque qui da noi alimentando un vero e proprio vespaio, sopratutto grazie all’appoggio diretto del Ministro per l’integrazione. “Mi sono sempre battuta per le pari opportunità, se questa è una proposta che le rafforza, mi trova d’accordo”, queste le parole con cui la Kyenge saluta l’idea, che ha trovato terreno fertile anche nel consiglio comunale di Bologna. Ma il radicale cambiamento che vi si trova insito, unito alla poca popolarità di cui il ministro gode in certi ambienti, ha scatenato tutta una serie obiezioni: c’è chi vede nel cambiamento un limite di natura semantica, chi teme possa inficiare la psiche dei figli e chi ha paura che la distinzione padre/madre rischi di venire confusa, così come il modo naturale di procreare. Sono tantissimi, d’altra parte, i favorevoli, che vedono lo spiraglio giusto per un cambiamento che volenti o nolenti sta attraversando il mondo intero.

Meno problemi si fa, invece, la Germania dove il primo novembre scatterà una nuova normativa in tema di anagrafe. Il nascituro potrà essere escluso dal binomio maschio/femmina e inserito in una terza categoria di sesso “indeterminato”. Il soggetto potrà così, in età adulta e a seguito di una sua personale riflessione, decidere quale genere attribuirsi. Qualche problema sta nascendo in tema di matrimoni, che seppur riconosciuti anche tra omosessuali, dovranno essere estesi pure agli “indeterminati”. La novità risolve di certo molti degli inconvenienti in cui incorre chi decide di cambiare sesso, ma rischia di generare una gran confusione.

La battaglia delle definizioni è entrata così nel vivo, in tutta Europa. “Padre”, “madre”, “genitore”, “maschio”, “femmina”, “indeterminato”, “transessuale” sono tutti termini che vanno rielaborati e redistribuiti all’interno della quotidianità, in un percorso di certo non facile e dalle sconosciute implicazioni.

Sheyla Bobba

Classe 1978. Appassionata di comunicazione e informazione fin da bambina. Non ha ancora 10 anni quando chiede una macchina da scrivere come regalo per il sogno di fare la giornalista. A 17 anni incontra un banchetto del Partito Radicale con militanti impegnati nella raccolta firme per l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti e decide che avrebbe fatto comunicazione e informazione, ma senza tesserino. Diventa Blogger e, dopo un po’ d’inchiostro e font, prende vita il magazine online SenzaBarcode.it Qualche tempo dopo voleva una voce e ha creato l’omonima WebRadio. Con SBS Comunicazione e SBS edizioni si occupa di promozione editoriale e pubblicazione. Antipatica per vocazione. Innamorata di suo marito. Uno dei complimenti che preferisce è “sei tutta tuo padre”.

2 pensieri riguardo “Integrazione: la guerra delle definizioni

  • Io sono del parere che si sta iniziando a ridicolizzare l’intelligenza alla quale l’essere umano può attingere. Se ci fosse un pochino più di rispetto verso il prossimo non ci sarebbe il bisogno di arrivare a certe proposte per garantire ed appogiare le pari opportunità.

  • Io sono del parere che si sta iniziando a ridicolizzare l’intelligenza alla quale l’essere umano può attingere. Se ci fosse un pochino più di rispetto verso il prossimo non ci sarebbe il bisogno di arrivare a certe proposte per garantire ed appogiare le pari opportunità.

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