Secondo un sondaggio effettuato dal sito Skuola.net, in previsione della Maturità 2013 gli studenti puntano mediamente ad un voto mediocre, sul 70. Pochi i maturandi che aspirano a voti migliori. Pessimismo, scaramanzia o un pericoloso accomodamento?
Una statistica che potrebbe voler dire tante cose: forse c’è un pizzico di scaramanzia, forse vige il pessimismo più nero e cupo (qualcuno, oserebbe dire, alla Leopardi), ma in realtà, traspare un probabile realismo e la voglia di accontentarsi di finire la “maledetta” scuola il prima possibile.
Maturità 2013: come lo scorso anno, le statistiche sulle aspettative degli studenti sull’esito dell’esame di stato appaiono piuttosto chiare. Secondo il sito Skuola.net, infatti, il 26% dei laureandi avrebbe dichiarato di aspettarsi un voto intorno ai 70/100, mentre il 22% aspirerebbe ad un voto superiore all’80. Relativamente basse, invece, le percentuali degli studenti che si aspettano il canonico 60 (13%) o un voto leggermente superiore (19%), mentre i più “temerari”, quelli che puntano in alto, sono sempre in meno; solo il 14%, infatti, aspira ad un voto superiore al 90, e il restante 6% è dedicato a coloro i quali sono già convinti di prendere l’agognato 100.
I dati, come detto poc’anzi, parlano chiarissimo: generalmente, gli studenti si aspettano, o comunque, si accontentano di un voto mediocre, senza aspirare a qualcosa in più; sintomo di una probabilissima mancanza di volontà e di applicazione nello studio, di una lampante voglia di fare il minimo indispensabile e di finire la scuola il prima possibile. Appare abbastanza improbabile, infatti, che tali risultati siano frutto di un pessimismo o di una scaramanzia collettiva. Perché tutto questo? Questa mancanza di applicazione, di aspirazioni e di volontà da dove deriva?
Spesso e volentieri è facile additare il dito contro la “nullafacenza” degli studenti, o peggio ancora, contro il sistema scolastico, spesso definito inadeguato e poco propositivo, ma forse una causa che, in molti, tendono a dimenticare sta tutta nei mass media. Oggigiorno la televisione propone trasmissioni e format atti a valorizzare lavori ben retribuiti dove, all’apparenza, appare inutile qualsiasi conoscenza scolastica se non quelle prettamente basilari (tradotto così rende meglio: saper parlare in italiano): la velina, il tronista, il calciatore, e compagnia cantante. Se queste immagini “luccicanti” ed attraenti esistono, in realtà, è merito di gente che ha studiato davvero. Che si parli di massmediologia, allenamento fisico o altro, non importa: lo studio viene sottovalutato dagli studenti perché, probabilmente, lo vedono quasi come un ostacolo, mentre essere un’immagine, e non “crearla”, potrebbe rappresentare la via più semplice da percorrere.
Invece, spesso, si fraintende: anche dietro queste immagini, nella gran parte dei casi, c’è gente che si è impegnata a fondo nello studio, che ne ha compreso l’importanza al fine di entrare a piè pari e a testa alta nel mondo della società, costruendosi un presente e, soprattutto, un futuro a lungo termine. Forse c’è anche questo dietro la crisi: siamo posseduti da ciò che possediamo (Fight Club insegna), siamo imprigionati all’interno delle nostre stesse immagini, e non riusciamo ad uscirne fuori, a produrre, a plasmare, a creare. Più persone risulteranno passive, più la creatività e la produttività diminuiranno.
Bisogna ripartire anche dallo studio, dal concetto d’impegno e di sudore: e in questo, la colpa è un po’ di tutti noi. Non solo degli studenti. Non solo di un sistema scolastico apparso spesso antiquato. Non solo dei massmedia.
