Il dibattito nazionale sulla legge 194 è molto acceso e vede fronteggiarsi i due schieramenti dei “pro-life” e “pro-choice”.

legge-194-436.jpg_415368877All’interno dei pro-life la compagine più agguerrita è composta dal Movimento per la vita, un’associazione cattolica che lotta strenuamente in difesa di diritti del nascituro, le cui correnti più radicali hanno propugnato negli anni ’80 la stessa abrogazione della legge 194.  Merita ricordare un’iniziativa che in passato ha fatto molto discutere in ambito medico: “Il grido silenzioso“. Si tratta di un filmato realizzato da alcuni attivisti pro-life statunitensi che sottolinea quello che sembra il grido di dolore emesso dal feto nel momento in cui subisce gli effetti dell’aborto farmacologico. Il messaggio è molto forte, ma il video è stato fortemente criticato dai membri della comunità scientifica.

Dalla parte dei pro-choice italiani i due principali gruppi attivi in difesa della 194 sono L.a.i.g.a. e l’associazione Luca Coscioni. I primi sono un gruppo di ginecologi non obiettori, che lottano perché il diritto ad abortire venga rispettato; la seconda, invece, è un’associazione che sostiene campagne in difesa della libertà di cura e della ricerca scientifica. L’associazione sta promuovendo una petizione per portare all’esame delle Camere un testo di legge che razionalizzi definitivamente la normativa sull’aborto. L.a.i.g.a., dal canto suo, con l’aiuto dell’Ong Parenthood Federation European Network, lo scorso anno ha promosso ricorso al Consiglio Europeo contro l’impossibilità di molte donne italiane di ricorrere all’IVG.

Tra i due opposti schieramenti si levano anche alcune voci solitarie, che propongono soluzioni a volte fantasiose per risolvere i problemi della legge 194. Una di queste è l’autorevole voce del dottor Valter Tarantini, che in un’intervista lasciata su QN qualche anno fa ha proposto l’idea di mettere a pagamento gli aborti successivi al primo. Eccone alcuni estratti:

‘Abortire per molte donne è come togliersi una verruca’: ci lasci dire che la sua è una definizione molto forte…

“Gliela spiego con un esempio: l’altro giorno sono venuti qui marito e moglie di 27 e 26 anni, sposati da sei mesi. Lei era incinta. Mi hanno detto: ’Noi lo vogliamo un bambino, ma adesso è ancora presto, fra due anni andrà bene’. Ha abortito. Va bene così? Per me no”

Il 26% delle donne ricorre almeno due volte all’aborto…

“Da me la percentuale è ancora più alta. Il record l’ho avuto a Taranto: una donna ha abortito 40 volte. Non scherzo. Lo faceva tre volte all’anno”

Scusi, la domanda: ma se la situazione è questa e lei, come ci ha detto fuori intervista ’si è rotto le scatole’, perché continua a farli gli aborti?

“Perché, per fortuna, non tutte le donne sono così. Ci sono donne che hanno davvero bisogno dell’aborto. E soffrono: al momento dell’Ivg e anche dopo. Ecco, io continuo a fare questo lavoro pensando a loro. Ma sono sempre meno, mi creda”.

Lei alle donne che vengono qui cosa dice?

“Che se c’è anche il minimo dubbio, tenere il bambino non è mai un errore”.

Soluzioni?

“Usiamo di più i metodi contraccettivi. In Europa siamo al terz’ultimo posto per l’uso della pillola. Se qualcuno mi dice che la pillola fa male io replico che non è vero che fa male. E aggiungo: ma anche se facesse male, perché, l’aborto fa per caso bene?”.

La seconda idea è quella di far pagare?

“Sì, il primo aborto è gratis. Poi si paga”.

Beh, con questa la scannano vivo…

“Bisognerà pur mettere dei paletti, no? Non dia retta alle statistiche che parlano di diminuzioni di aborti; se li rapportiamo ai bambini nati, sono sempre quelli. E lo sa che ogni Ivg costa allo Stato 1280 euro?…”

L’opinione del dottor Valter Tarantini è senz’altro radicale e di non facile attuazione, ma dalla sua intervista emerge un’istantanea molto particolare del mondo degli aborti volontari.

L’inchiesta sull’aborto e la legge 194 continua … seguitemi inserendo la vostra mail nel box qui sotto!

By Sheyla Bobba

Sheyla Bobba - Direttore Classe 1978, coltiva fin da bambina una profonda passione per la comunicazione e l’informazione. A meno di dieci anni chiede in regalo una macchina da scrivere: il primo passo verso un sogno che non l’ha mai abbandonata. A 17 anni, l’incontro con i militanti del Partito Radicale impegnati nella raccolta firme per l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti segna un punto di svolta: sceglie consapevolmente di dedicarsi all’informazione senza tesserino, guidata da un’idea di libertà e indipendenza. Nel tempo costruisce una solida esperienza nel mondo digitale, collaborando a diversi progetti online e approfondendo le dinamiche della comunicazione sul web. Dopo anni di attività sul campo, nel 2012 dà vita al magazine online SenzaBarcode.it. Dal 2019 affianca al portale anche WebRadio SenzaBarcode, ampliando le possibilità espressive del progetto. Con SBS Edizioni & Promozione cura la comunicazione editoriale e la valorizzazione di autori emergenti, affiancando le attività redazionali a quelle promozionali. Si definisce antipatica per vocazione. Innamorata di suo marito. Uno dei complimenti che preferisce è “sei tutta tuo padre”.

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