Nonostante Trenitalia io faccio ancora il biglietto
Sono le dieci di sera, aspetto il treno a Ponte Galeria, ed è un po’ come aspettare Godot stando nella stanza bianca di Matrix. Il nulla intorno è interrotto dai fari del treno che dopo un mezz’ora buona spunta dalla curva, ed illumina i cadaveri dei treni macchine abbandonati da sempre. Ma ancor più illuminante è il pensiero che mi balena nella testa vuota che mi ritrovo.
Non ho il biglietto.
Non l’ho fatto apposta, giuro. Quel benedetto pezzo di cartoncino ce l’ho sempre, cerco di prenderne sempre un paio ma sul momento non avevo abbastanza soldi. E per chi non lo sapesse, il biglietto costa un euro e cinquanta. Relativamente poco, se funzionasse il sistema trasporti -ma questo è un altro discorso- ma ancora meno è quello che mi ritrovavo in tasca. Tempi bui.
So bene cosa fare in questi casi, visto che quando prendo il treno la sera i bar sono ormai chiusi, e la biglietteria automatica ha l’eta di mio padre, solo che lui per fortuna funziona ancora bene.
Ed è con queste motivazioni che vado dal capotreno, aspettando pazientemente che chiuda le porte avvisando fischiando “alla pecorara”, con pollice e indice che si toccano a formare un cerchio infilate tra le labbra e “FIIIIIIIII!!!!!”.
Cercando di non farmi cadere la mascella, assumo un’espressione neutra e spiego a quello che, in quel momento, rappresenta un’autorità nel campo delle ferrovie.
Sono certo che, dopo avergli spiegato la situazione, si mostrerà comprensivo come con gli altri quando mi è successo e pagherò il biglietto sul treno e…
“Sai Trenitalia che potrebbe dire che tu non hai il biglietto perché il bar era chiuso e la macchinetta non funzionava? Potrebbe dire -Me ne fotto!!-“, mi dice con forte accento del sud.
Faccio cadere la mascella, almeno nella mia testa.
“In che senso scusi?”, faccio io cercando di trattenere risate miste a lacrime.
“Nel senso che tu potevi prenderne due oggi, al bar, e poi le macchinette non funzionano mica in queste stazioni qui.”
Elimino subito il “queste stazioni qui”, non perdo tempo a spiegare il perché non ho preso due biglietti, ma cerco di far capire che non sono uno che ci sta provando. Gli dico che ho anche comprato l’abbonamento il mese scorso e che di questi tempi non è proprio una spesa leggera. Cerco di spiegare che solitamente gli altri mi mandano via nonostante io, quel biglietto, lo voglia. Che un paio di volte invece me lo hanno fatto, su un taccuino a doppia copia. Ho ancora le ricevute.
Niente.
Il controllore, l’autorità, insiste sula fatto che la colpa è solo ed unicamente mia, mentre io credo che lo sia in parte. Io devo avere il diritto, oltre che il dovere, di comprare un biglietto dell’autobus. “Queste stazioni qui”, come quella di Ponte Galeria, hanno lo stesso diritto di avere un biglietteria automatica che non venga distrutta dai primi due cretini che non trovano di meglio da fare, tipo prendere la rincorsa e vedere chi ha la testa più dura, se loro o il treno diretto Fiumicino – Termini. Non chiedo un essere umano, che sarebbe comunque meglio di un freddo cassone di metallo. Ma che almeno quel cassone funzioni come funziona l’aria condizionata della auto blu, come le porte automatiche dei centri commerciali, come il servizio postale di Equitalia.
Ma questo lo penserò solo oggi. Adesso sono ancora davanti a questo piccolo uomo che cerca di farsi grande con una giacca con scritto FS, che comincia ad infastidirmi. Ed io che gli sono persino andato incontro.
Cerco di uscire da un dialogo che prende i toni di uno dei Monty Python.
“Ok. Detto questo, posso farlo il biglietto o no? Sono venuto da lei per questo.”
“Ma io posso pure fartelo, che vieni qui o no te lo posso fare.”
“Ma, mi scusi, se lei viene da me e mi trova senza biglietto, dovrebbe farmi la multa no?”
“Mah, dipende.”
“Da cosa?”
“Dipende!! Se mi dici che non ce l’hai, vedo se fartelo o meno.”
“Quindi dipende da lei.”
“Vabbè senti, vatti a sedere e basta.”
“Quindi nemmeno mi fa il biglietto?”
“No.”
“Arrivederci.”
E sapete qual’è il colmo? Che la stessa scena si è ripetuta alla fermata successiva -Muratella, e a quell’ora sarebbe preferibile passare sotto un fitto lancio di coltelli da parte di Stevie Wonder- con due ragazzi spagnoli che parlavano un perfetto italiano. Stessa arroganza da parte del controllore, stessa incredulità dei passeggeri.
Ma il colmo forse ancor più grande è che, nonostante anni di disagi, ritardi, treni incustoditi, stazioni abbandonate, orari da provincia messicana e costruzioni fatiscenti, io questo mese ho fatto di nuovo l’abbonamento.
Certo non si sa se ridere o piangere. S.S. Trenitalia è uno dei miei incubi ricorrenti… Bravo, bell’articolo 🙂
Certo non si sa se ridere o piangere. S.S. Trenitalia è uno dei miei incubi ricorrenti… Bravo, bell’articolo 🙂