Boston, retwitta la tragedia
- Boston, 15 aprile 2013
Sul tragico attentato di Boston ne leggere di ogni tipo, a partire dalle teorie complottistiche, passando per le date errate di google, finendo ad articoli seri, professionali ed interessanti.

Quello che io voglio raccontare oggi, e che meglio mi riesce fare non essendo una giornalista professionista, è il lato umano della vicenda.
Ancora negli occhi di tutti noi sono le immagini dell’attentato che colpì New York l’11. 9. 2001. Le Torri Gemelle violentate e rase al suolo saranno l’immagine della storia contemporanea che i nostri bimbi studieranno tra 15 – 20 anni a scuola.
La parte della storia a cui non mi abituerò mai è quella più becera ed ignorante, quella fatta di predoni e affamati della ribalta sul social network di turno, il giornalismo macabro, i reporter della morte, i fan dei cadaveri.
Spiegando meglio: a partire da pochi istanti dopo l’attentato, su Twitter si è assistito ad un’infinita, assurda e indescrivibile sequela di foto che ritraevano i soggetti mutilati, gli arti spappolati ed il sangue sparso lungo il tragitto dai vari ordigni esplosi.
Inevitabilmente e spontaneamente ho iniziato a pensare a cosa avrei fatto io se mi fossi trovata nella stessa situazione. Ci ho pensato e ripensato, ma sinceramente non credo che mi sarei in alcun caso fermata a fotografare persone in fin di vita, o le strade tinte di rosso . Forse mi sarei messa ad urlare, a piangere, forse avrei provato ad aiutare i feriti, o forse ancora sarei scappata via sotto shock, ma mai avrei pensato di poter twittare o postare su facebook delle foto “in diretta”.
Ci stiamo davvero abituando così tanto a razionalizzare le tragedie?
Abbiamo assimilato il concetto di violenza in modo così perfetto da ritenere che sia corretto e rispettoso cercare “la foto dell’anno” a discapito delle vittime?
In effetti ricordo che all’università varie volte si è parlato di turismo macabro, come nel caso della villetta di Cogne, o della Casa di Perugia, ma lo trovo di una tristezza infinita.
Certo, ormai siamo tutti piccoli criminologi incalliti, la TV ha deviato moltissime menti, convinte di essere ispettori di CSI o studiosi con plastici vari al seguito, ma non so se sia più sconvolgente il fatto che nel 2013 – e non solo a Boston- siamo ancora costretti a vedere innocenti, bambini, gente inerme perdere la vita in modo così assurdo, e senza alcuna colpa, se non quella di aver partecipato ad una Maratona, o aver provato a condurre una vita normale – Non dimentichiamo il massacro che tutt’ora si perpetua in Siria, in Palestina ed in tantissime altre parti del mondo- o la “normalità” del cittadino comune che si trasforma reporter di guerra non appena l’occasione si fa propizia.